Un’amicizia senza tempo

testimonianza scritta in occasione del 10 anniversario

Ho conosciuto don Luigi Vaccari quando è venuto prete novello nella mia parrocchia di Madonna pellegrina in Padova. Mi ha subito colpito per la maturità umana e cristiana, sorprendente per la sua giovane età. Ricordo che una sera, ad un incontro tra genitori per i sacramenti dei figli, dopo averlo sentito parlare una signora mia vicina di casa esclamò: “ma come fa una persona così giovane ad essere così matura?” E mentre don Luigi sorrideva imbarazzato io sbottai: “eh, ma lui ha lo Spirito Santo!”

Durante gli anni che rimase a Madonna Pellegrina don Luigi lasciò un segno forte, soprattutto tra i giovani: erano momenti difficili, l’Azione cattolica era in crisi e don Luigi si adoperò per mettere un po’ d’entusiasmo sia nei giovani sia nelle famiglie. Ci fu un fiorire di campi scuola e iniziative, ma soprattutto era il contatto personale che don Luigi faceva la differenza.

Per alcuni anni fu anche il presbitero della nostra comunità neocatecumenale appena nata: fu una presenza fondamentale per farla crescere saldamente agganciata alla realtà parrocchiale. Ricordo in particolare, che ci accompagnò durante un ciclo di catechesi nell’équipe di cui facevamo parte anch’io e mia moglie: di fronte alle mie perplessità e ribellioni lui taceva e mi guardava fisso negli occhi, sembrava che avesse una lunga carriera di psicologo alle spalle. Una volta che gli dissi che nella comunità c’erano divisioni, come nelle comunità di S. Paolo dove alcuni dicevano di essere di Paolo e altri di Apollo… io volevo concludere “…e io sono di Cristo…”, come nell’epistola, ma egli mi guardò e mi interruppe: “e mi so de Bepi!”, per farmi capire che i miei giudizi derivavano dalla mia superbia.

Era un uomo decisamente intelligente, ma soprattutto dotato di grande buon senso, quel buon senso frutto di maturità umana e sapienza evangelica. In ciò deve essergli stata di aiuto anche la formazione familiare. Amava le persone ma senza affettività, perché le amava in Cristo.

Prima di lasciare la parrocchia di Madonna Pellegrina mi aveva confidato di aver dato la disponibilità al Vescovo per la missione, ma fu invece trasferito a S. Sebastiano di Thiene, dove avrebbe preparato il terreno per un coinvolgimento missionario di tutta la parrocchia, sicché ancor oggi arde il fuoco da lui acceso: sapienza e provvidenza di Dio!

Quando partì per l’Ecuador mantenemmo il contatto epistolare, sicché quando ebbe da occuparsi dell’acquedotto di Luz y Vida ci vedemmo in occasione di un suo rientro. Così mi invitò ad andare a trovarlo a Quito. “Non riuscirai a fare granché, mi disse, da noi, al di là dell’ecuatore con “la testa in giù, le cose marciano con tutt’altri ritmi che qui, ma vedrai cose istruttive…”. Io gli proposi di raccogliere fondi tra gli amici parrocchiani, ma lui mi rispose che non credeva ad una Chiesa che si presenta con i soldi (all’americana): la Chiesa deve aiutare gli uomini a crescere e a maturare, non a farne degli accattoni, per rispettarli nella loro dignità.

Nel 1994 decidemmo di andare a Quito, durante il mese di agosto, con tutta la famiglia. Fu un’avventura bellissima per me e Franca e i nostri 3 figli Carlo, Luigi e Lidia(dai 18 ai 14 anni); Lucia, la figlia maggiore (20 anni), non volle venire ma l’anno successivo, pentita per aver perso l’occasione, ci andò con altre 2 amiche e tornò entusiasta.

Don Luigi, che era parroco a Carapungo, ci ospitò nella sua camera e si ritirò (lo scoprimmo dopo qualche giorno) in una cameretta con letti a castello: non aveva problemi d’immagine e aveva imparato a non dare importanza a se stesso, altra lezione per noi.

L’acquedotto era il motivo principale della mia venuta a Quito: questa almeno era la mia convinzione. Infatti parlammo dell’acquedotto con un ingegnere sulla porta dell’Ufficio Tecnico della municipalità di Quito circa cinque minuti (dopo un’ora di attesa…): ci disse che doveva vedere le “carte” e poi ne avremmo riparlato. Non ho fatto più in tempo a rivederlo…

Don Luigi ci coinvolse negli incontri del Consiglio Parrocchiale, ci raccontò delle iniziative portate avanti (le guarderie, il Centro Creser con biblioteca per i giovani, le tiende e i gruppi degli alcolisti, l’infermeria di Luz y Vida, ecc.), ma soprattutto ci fece conoscere le persone. Maurizio e Novella con i 3 figli, Sandro e Marta con i figli, Don Attilio e don Giorgio, le suore elisabettine Carla e Agnese, Gloria la perpetua, ecc. Mi fece prendere la patente ecuadoregna per potermi muovere autonomamente. Insomma: fece in modo che in pochi giorni ci sentissimo a casa nostra. Cercò anche di sgrezzarci allo spagnolo: oltre alle lezioncine private, la sera partecipavamo all’Eucarestia e al mattino, quando mi alzavo presto, dicevamo le lodi insieme, tanto che alla fine del mese riuscivo a districarmi abbastanza bene da solo con la gente.

Con noi erano in visita alla missione un’altra coppia (Fausto e Paola) e due giovani donne (Arianna e ?): con la compagnia di Maurizio e altri abbiamo girato l’Ecuador e abbiamo visitato dall’Amazzonia alle spiagge del Pacifico, dal Chimborazo, montagna di oltre 6.000 m, alle piantagioni di banane e ananas…; cose bellissime per noi che non eravamo mai usciti dall’Europa. Ma soprattutto abbiamo aperto gli occhi su realtà umane che non conoscevamo: le baracche di Esmeraldas con le donne dai numerosi figli e senza marito, dove don Daniele evangelizzava con amore rischiando la vita per la malaria e i “tailleres” di Carcelen Bajo dove si producevano i mattoni di fango e cemento e le fragili tegole per realizzare case ultraeconomiche nelle favelas di Quito; don Antonio, il prete salesiano che, arrivato con un contratto di studio di pochi mesi a Salinas, un paesino disperso sulle Ande a 3.500 m di quota, era ancora lì dopo 30 anni avendo evitato la fuga della popolazione realizzando microindustrie artigianali della lana e del formaggio, con l’aiuto di volontari italiani e svizzeri…

Ricordo una occasione in cui ho apprezzato il coraggio e la schiettezza di don Luigi. A Luz y Vida si stava cercando di acquisire i terreni per costruire le case economiche attraverso una cooperativa (a capo della quale c’era don Luigi che non riusciva a convincere i soci a nominare presidente uno tra di loro: si fidavano solo di lui!) ma, come al solito, c’era la cricca dei “furbi” che faceva di tutto per non mollare la proprietà e così poter sfruttare la povera gente. Un giorno, mentre passavo di là riaccompagnando a Carapungo una suora locale, questa nota che i “furbi” stanno preparando una festa religiosa con la presenza di due frati, probabilmente ignari di essere strumenti di un raggiro. Appena arrivati la suora cerca don Luigi e lo avverte della cosa: lui parte con me sulla macchina e si ferma proprio al centro dell’assembramento, scende e va dritto a parlare coi frati dicendogli seccamente (come mi riferirà poi): “avete il permesso del Vescovo di celebrare qui nella mia parrocchia? Perché sappiate che il mio non l’avete!” Poi torna alla macchina, dov’ero rimasto io in mezzo a una folla silenziosa e stupita, e ripartiamo tra sconcerto generale. Non era certo uno che aveva paura di dire la verità!

Tornati in Italia abbiamo continuato a tenere i contatti, anche attraverso don Francesco Fabris e ASA. Dai contatti telefonici capivamo che don Luigi era sempre sulla breccia, impegnato su tutti i fronti nella sua missione di prete. Aveva la stoffa dell’animatore, del capo.

La notizia della sua morte ci lasciò di sasso: ma come? Con tutto quello che stava facendo? Perché proprio lui? Poi venne la notizia che al suo funerale c’erano 60.000 persone; tutto Carapungo e paesi circonvicini… Dio agisce attraverso le persone in modo misterioso… Solo Lui sa...

4 anni dopo, il 20 agosto 2002, moriva in montagna nostro figlio Luigi, al quale una volta don Luigi aveva detto: “Luigi, tu o cambi nome o cambi vita!” E in effetti la vita di Luigi aveva preso una nuova strada: il Signore aveva agito in lui… e l’aveva chiamato a sé… in modo misterioso!

Ma nella vita eterna ci sarà tutto chiaro, perché vedremo l’amore di Dio faccia a faccia…

Bepi e Franca Faccini


Giuseppe e Franca sono originari della Parrocchia di Madonna Pellegrina (prima Parrocchia dov’è stato don Luigi). Ora sono missionari in Irlanda con la Comunità Neocatecumenale