La grande sete

L’allarme siccità risuona da un po’ di tempo nel nostro Paese e nel mondo intero. Si contano i giorni senza pioggia, i fiumi sono a secco, l’agricoltura è in seria difficoltà e si studiano ordinanze anti spreco. Il problema non è nuovo, ma cambiamenti climatici e inquinamento hanno aggravato a tal punto la situazione da parlare di una vera e propria crisi idrica mondiale. E quando allarghiamo gli orizzonti, scopriamo che a pagare il prezzo più alto sono ancora una volta le popolazioni più povere.

Se è vero che entro il 2050, circa 6 miliardi di persone dovranno fare i conti con la scarsità di acqua, di queste 460 milioni vivono in Africa. Ma non occorre andare così lontano nel tempo per capire quanto sia urgente la questione. Già oggi, secondo Nigrizia, sarebbero più di 2 miliardi le persone che vivono in paesi con problemi di approvvigionamento idrico.

È di qualche giorno fa la Conferenza sull’acqua delle Nazioni Unite (22-24 marzo, New York), un incontro che avviene in un momento che vede da una parte drammatiche siccità che durano sempre più a lungo (+29% dal 2000 ad oggi), ma dall’altra anche fenomeni sempre più estremi legati a inondazioni (+134% dal 2000).

Corno d’Africa senz’acqua

Nel Corno d’Africa si vive una delle situazioni più drammatiche. In un contesto già critico, dove ancora oggi 1 persona su 4 non ha accesso a fonti d’acqua pulita per bere o lavarsi, spesso per mancanza di infrastrutture idriche, e metà della popolazione mondiale, 3,6 miliardi di persone, non può contare su servizi igienico sanitari adeguati, non piove e i pozzi sono asciutti.

Etiopia, Kenya e Somalia stanno attraversando la più grave e lunga siccità degli ultimi 40 anni, è l’allarme lanciato da Oxfam. Nelle zone più colpite, si legge su Avvenire, il prezzo dell’acqua ha raggiunto livelli impensabili, con aumenti anche del 400% da gennaio 2021.

In questo momento in Africa orientale le persone più affamate sono tragicamente anche le più assetate. – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia – Il risultato è che

milioni di persone hanno perso tutto, dato che quel poco che avevano era rappresentato da piccoli allevamenti e coltivazioni. Negli ultimi 2 anni la siccità ha ucciso 13 milioni di capi di bestiame e bruciato migliaia di ettari di coltivazioni. Adesso la popolazione è costretta a comprare l’acqua da fornitori privati che ne aumentano continuamente il prezzo e 1.75 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case in cerca di acqua e cibo”. 

La popolazione dipende in gran parte dalle forniture di acqua che arrivano dalle organizzazioni, tra cui proprio Oxfam. In altri casi si attinge l’acqua da pozzi non controllati o contaminati, mettendo a rischio in modo esponenziale la salute.

La crisi idrica in corso in Africa orientale – conclude Petrelli – è l’esempio di quanto sia urgente non solo l’aumento degli aiuti per affrontare l’emergenza, ma anche la definizione di soluzioni efficaci a lungo termine per affrontare gli effetti della crisi climatica”.

Argentina, la più grande siccità degli ultimi 60 anni

Situazione simile, anche se in un contesto diverso, si sta verificando in Argentina a causa della più grande siccità degli ultimi 60 anni. Incendi devastanti, il fiume Paranà a livelli bassissimi con impatti anche sulla produzione di energia idroelettrica, agricoltura in ginocchio. Sono soprattutto i raccolti scarsissimi di cereali la causa di una pesante crisi economica, per un Paese che è il primo esportatore di soia lavorata e il terzo esportatore di mais del mondo, come riportato dal Sole 24ore.

La mancanza di piogge che si protrae da quasi un anno è aggravata dal riscaldamento globale che ha portato nel Paese otto ondate di caldo estremo in pochi mesi. Le previsioni per il raccolto di soia sono al livello più basso del secolo, nonostante sia aumentata di molto la superficie coltivata.

Siamo di fronte a un evento climatico senza precedenti, devastante per la nostra agricoltura e per la nostra economia: siamo al terzo raccolto fallimentare e se non piove i dati saranno ancora più drammatici”, spiega Julio Calzada, responsabile della ricerca economica della Borsa di Rosario, aggiungendo che “gli agricoltori stanno affrontando perdite per 14 miliardi di dollari e 50 milioni di tonnellate in meno di produzione di soia, mais e grano”. Il tutto in un Paese già colpito da un’inflazione insostenibile e dove quasi il 40% della popolazione vive in povertà.

Non solo siccità, alluvioni e precipitazioni estreme

Non c’è solo la siccità. Si parla sempre più di eventi estremi, che vedono, accanto a lunghi periodi senza pioggia, alluvioni devastanti. È il caso del Brasile dove inondazioni e frane dovute alle piogge intense di fine febbraio hanno causato oltre 60 vittime e l’evacuazione di centinaia di persone. Nella stessa situazione anche Nuova Zelanda, alle prese con gli effetti di un ciclone, e Mozambico, dove piogge torrenziali e forti venti hanno seminato morte e distruzione. Vittime e quasi 40.000 sfollati in Malesia.

Diversi studi, anche in questo caso, confermano la correlazione tra precipitazioni estreme e cambiamento climatico. In particolare, uno studio appena pubblicato su Nature Water rileva come l’intensità delle siccità e delle precipitazioni estreme sia nettamente aumentata negli ultimi vent’anni e la causa sarebbe da ricercare proprio in combustibili fossili e gas serra generati dalle attività umane. Problematiche che richiedono approcci sicuramente sostenibili ma anche interconnessi, frutto di un’alleanza politica ed economica a favore del benessere delle persone.

Impronta idrica troppo alta

C’è l’impronta ecologica che misura il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della terra di rigenerarle e c’è l’impronta del carbonio che corrisponde alla quantità totale dei gas ad effetto serra emessi in atmosfera dalle attività umane. E poi c’è l’impronta idrica che misura il consumo totale di acqua.

In Italia si consumano 215 litri al giorno a persona, contro una media europea di 165 litri, in consumo diretto, cioè per bere, lavarsi, cucinare, pulire, innaffiare. A questo va aggiunto il consumo indiretto, ovvero l’acqua necessaria a produrre beni e servizi, in primis quella determinata dal cibo, seguita dall’industria tessile e naturalmente dall’agricoltura, sia per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame, sia per pascolo e allevamento.

In Italia consumiamo in media circa 130 miliardi di m³ all’anno con una media di 6.300 litri a persona al giorno, una delle impronte idriche più alte d’Europa. Consumi non più sostenibili, che chiedono a ciascuno un impegno concreto per un utilizzo consapevole e responsabile di questa preziosa risorsa.

Laudato sii, mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile e preziosa e casta. “In queste parole semplici – ha commentato Papa Francesco – sentiamo la bellezza del creato e la consapevolezza delle sfide che implica il prendersene cura”.

 

A cura di Elena Cogo