“Il pane buono della missione!”_05

Puntata 5 di 6

I poveri li avrete sempre con voi…

Di mattina presto riprendiamo il viaggio verso Caicubi. Sulle quattro e mezza del mattino il motore della barca comincia a rombare e si salpa mentre tutti ancora dormono sulle reti. In occasione del mio anniversario di ordinazione, propongo un giorno di riposo e un “churrasco” di carne selvaggia… A nessuno è dato sapere di quale animale sia… si mangia, e basta! Verso le dieci troviamo una piccola isoletta con una piccola spiaggia che ci permette di fermarci e preparare le braci per la grigliata “extra wild” e al personale d’equipaggio di fare delle piccole riparazioni alla carena della barca. Nel pomeriggio finalmente riprendiamo il viaggio fino a Caicubi sotto una piaggia mista a sole, tipica del clima amazzonico.

Mentre l’equipaggio sta ultimando le ultime manovre per posizionare la barca in parcheggio prolungato fino a domenica sera, faccio due passi per conoscere il piccolo villaggio che consta di un centinaio di famiglie. Vi trovo due chiesette, la principale dedicata a São João Batista e l’altra dedicata a São Pedro. Dopo pochi passi incontro due responsabili della scuola fondamentale del luogo alle quali chiedo indicazioni sull’indirizzo del responsabile della comunità cattolica e gentilmente mi indicano un giovane li vicino che mi porta subito all’indirizzo cercato. Trovo Rosalino, un uomo sui quaranta, che mi accoglie e mi offre un bicchiere d’acqua assieme alla storia della sua comunità cattolica. Una storia fatta di molte sfide, prima fra tutte la mancanza di impegno da parte dei cristiani cattolici che frequentano la chiesetta e che lo fanno sentire solo e perso in mezzo alle tante defezioni di persone che si spostano verso le chiese/sette evangelico-pentecostali. Io lo ascolto e gli faccio la proposta di vedere assieme in questi giorni cosa è possibile fare per ricostituire la piccola equipe che padre Jomelito aveva lasciato. Dalla relazione dei fatti, intuisco che questi problemi si trascinano da molti anni. Nonostante i preti di Brasilia siano intervenuti in vari modi per tentare di sanare la situazione, il clima di povertà spirituale e umana porta a capire che è una situazione complicata in se e per sé. Rosalino mi dice che il giorno dopo deve assolutamente partire per Caracaraí e questo mi preoccupa perché mi chiedo come potrò conoscere la situazione della comunità senza il suo coordinatore. Gli faccio la proposta di viaggiare con noi visto che dovrà arrivare a Caracaraí per il 28 del mese corrente e noi dovremmo arrivare il 18. All’inizio lui accetta, ma verso sera un cambio di programma lo fa desistere e cosi riparte il giorno dopo, nel pomeriggio. La sera celebriamo la messa e, contro ogni aspettativa, c’è qualcuno del posto che partecipa con noi. È la messa del mio 19º anniversario di sacerdozio e sento molto forte il desiderio di alimentare il mio cuore e il mio “si” con la forza dell’amore di Cristo che mi sostiene e mi motiva in questo momento particolare della mia vita e del mio cammino missionario.

Il giorno dopo ci si organizza per visitare le famiglie con un gruppo di missionari, mentre l’altro gruppo organizza un piccolo “bazar” per la comunità che accoglie con entusiasmo l’idea. I giorni della nostra permanenza qui a Caicubi proseguono tra visita alle famiglie e incontro delle persone al bazar di vestiti. La questione che più mi lascia pensieroso è relativa al Battesimo. Fin dal primo giorno invito tutti gli interessati al battesimo dei propri figli e più di qualcuno si presenta per chiedere informazioni. Invito tutti alla messa della sera per la presentazione e l’iscrizione dei battezzandi, ma, con mia sorpresa, non si presenta nessuno. Visitando anche il giorno dopo le famiglie, mi viene il dubbio che i genitori che erano interessati al battesimo dei figli non si siano presentati per il solo fatto che il battesimo non sarebbe stato celebrato il giorno del patrono, ma la domenica prossima. Non oppongo resistenza a questa tradizione tipica di questa regione, ma spiego che di fatto non ha nessun senso… Forse nessun senso hanno le mie parole davanti alla lunga “tradizione” che ha sicuramente radici più profonde nel cuore di questa gente. Mi chiedo allora se non sarebbe più opportuno costituire ministri locali per l’accompagnamento e la cura pastorale dei fedeli di ogni realtà… Ci sarebbe qualcuno disponibile o qualcuno con un profilo umano e spirituale adatto a questa missione? Sono interrogativi che conservo dentro di me e che condividerò con don Benedetto quando tornerò a casa.

IMG_20170605_171520970Il giorno seguente mi prendo il fermo proposito di completare la visita alle famiglie; una parte dei ragazzi viene con me, anche se non li vedo molto entusiasti o motivati… L’altra parte rimane a vendere gli indumenti usati nel bazar della chiesa. Sento molta accoglienza da parte di tutti, comprese le famiglie che frequentano chiese di altre denominazioni cristiane. La realtà delle famiglie che incontro è molto semplice e essenziale. La maggior parte vive di pesca, di coltivazione di mandioca per fare poi farina. Alcuni hanno aderito ad un progetto locale di apicultura producendo un ottimo miele locale che sembra essere molto ricercato, soprattutto dai turisti durante l’epoca della pesca sportiva della specie “tucunaré”. Altre famiglie cercano di sopravvivere di ciò che la natura offre. La povertà che si sente è soprattutto umana. Il livello di cultura relativamente basso e il contesto sociale in cui i ragazzi vivono non sembra risvegliare in loro grandi obiettivi di vita e molto presto molte bambine si danno alla prostituzione e i ragazzi cominciano a bere molto presto…

Mentre scambio qualche parola con qualche cristiano cattolico o protestante del posto, sento in tutti lo stesso ritornello: la partecipazione alla vita spirituale della comunità è molto scarsa anche a causa di questa povertà umana e spirituale che pervade la realtà ribeirinha. Mentre rifletto su questo contesto, mi vengono in mente le testimonianze di tanti nostri preti della nostra terra veneta quando commentavano le loro visite alle famiglie, soprattutto tra le due guerre, soprattutto nel contesto di molte parrocchie di campagna dove la povertà umana era una delle motivazioni di base che caratterizzavano la mancanza di interesse verso la vita spirituale e la prospettiva di vita di giovani e adulti… Sempre di più mi ritornano in mente le parole scomode di don Lorenzo Milani quando dalla sua Barbiana accusava la chiesa di non capire che la sua prima missione era quella di prendersi cura principalmente dell’istruzione della gente perché anche la vita spirituale fosse più cosciente e matura. Quante volte anche la nostra prassi pastorale si alimenta più di pratiche spirituali che infantilizzano, anziché ricercare il volto di Dio nella sua Parola e nell’ascolto del cuore della gente?

Continua…

(prossima e ultima puntata giovedì 3 agosto)