Il mandato del Vescovo Claudio

In una fresca serata del venerdì 23 ottobre 2015, il nuovo Vescovo Claudio ha convocato la Diocesi per la Veglia missionaria. Camminando verso l’altare con il suo pastorale semplice, terminante con un ricciolo in legno, in un Duomo strapieno e con la presenza palpabile nell’aria dei circa 700 missionari padovani nel mondo, ha dato l’avvio a qualcosa di speciale. La riflessione era basata sull’ABITARE.

In una fresca serata del venerdì 23 ottobre 2015, il nuovo Vescovo Claudio ha convocato la Diocesi per la Veglia missionaria. Camminando verso l’altare con il suo pastorale semplice, terminante con un ricciolo in legno, in un Duomo strapieno e con la presenza palpabile nell’aria dei circa 700 missionari padovani nel mondo, ha dato l’avvio a qualcosa di speciale. La riflessione era basata sull’ABITARE. Il primo momento: abitare la vita dalla parte dei poveri con il brano della vedova di Sarepta (1 re 17,7-24) che insegna al profeta l’accoglienza e dà prova della sua fiducia assoluta in Dio, condividendo  la casa come la sofferenza, il pane come la fede. La testimonianza di suor Lorena, comboniana del Costarica, che dopo 8 anni trascorsi in Italia (scambio fecondo tra due Chiese), vissuti all’insegna del servizio, dello scambio e della fraternità, parte per il Sud Sudan. Per lei la missione è abitare la vita in tutte le sue dimensioni e ha ricordato che è ancora importante partire e non pensare che, dato che in Italia vengono dei migranti, sia meglio rimanere qui. Il secondo momento è stato l’abitare la comunità dalla parte dei poveri, con l’ascolto del Vangelo di Luca 16,19-31 (il ricco e il povero), commentato dalla video testimonianza del martirio di p. Lele Ramin, missionario ucciso in Brasile a 32 anni il 24 luglio 1985. Lui voleva giocare la propria vita a favore degli altri. La Chiesa resta, ricorda, dalla parte dei poveri che non possono più attendere. Non si deve rimanere fermi a guardare le ingiustizie. E conclude dicendo che è bello sognare di rendere felici tutta l’umanità. Ed è venuto il momento di ascoltare la calda e semplice parola del Vescovo Claudio. E’ partito dicendo che servizio e missione sono due dimensioni fondamentali del cristiano. Noi siamo chiamati a pensare tutta la nostra vita come un dono. Chi riceve il mandato per partire, non lo fa per se stesso, ma per tutta la Chiesa. Dobbiamo abitare la vita per andare ad abitare tutto il mondo. E qui, a più riprese, ci ricorda che fuori della PORTA di casa nostra, della nostra comunità, ci sono altre persone che aspettano. Se rimaniamo con la porta chiusa, rischiamo di non accorgerci di chi sta fuori e dei loro problemi. Nella sua visita a Mathausen ci dice che vicino al campo di concentramento, c’era lo stadio dove si giocavano le partite di serie A. Ogni domenica c’era molta gente che applaudiva i giocatori, ma non guardava verso il campo di concentramento, pensando che tutto ciò non li riguardava. Lazzaro, ci dice il Vangelo, stava fuori della porta. Tanti, come lui, stanno fuori della porta, mentre noi stiamo dentro. Il mandato è per una Chiesa che vuole uscire e deve aprire la porta, sapendo che ci saranno delle conseguenze(mangiare di meno….). Tutto ciò per vivere, sognare, sperare di realizzarsi. Allora bisogna APRIRE LA PORTA. Dobbiamo uscire per essere noi stessi, per realizzarci. Se ascolto Mosè, i profeti, Gesù e i testimoni di Gesù, riesco ad aprire la porta. E dopo è venuto il momento di chiamare e di dare il mandato a 22 (ventidue) missionari (preti, religiosi, laici che andranno in tutto il mondo ad annunziare il Vangelo, abitando la vita dalla parte dei poveri. E lo Spirito Santo, che era presente come sempre, ci ha dato la forza “perché camminando sulle strade del mondo, possiate evangelizzare i poveri e sanare i contriti di cuore”. Ormai era sera e le luci delle strade della città cominciavano le ultime ore della loro vita, in attesa dell’alba. Noi ce ne siamo ritornati con il cuore sereno e pieno di gioia per continuare, nella vita di ogni giorno a dare il meglio di noi stessi per fare conoscere il Signore Gesù che abbiamo incontrato.   (P. Oliviero Ferro sx – Zelarino)