Gloria – Mimegi19

Come faccio a non chiedermi in cosa credo io?

Per un certo periodo della mia vita, dalla quarta superiore al secondo anno di università all’incirca, incontri come il Missio Meeting erano diventati la mia quotidianità. Mi piaceva immergermi in questo mondo che percepivo così concreto e sincero, ero sempre pronta a buttarmi e a confrontarmi. Un po’ alla volta avevo lasciato che tutti quei nuovi incontri mi smuovessero ed era stato molto significativo per me.

Uso il passato perché ad un certo punto è cambiato qualcosa: come quando in una staffetta uno non dosa le energie e si ritrova senza fiato negli ultimi metri, così anch’io ad un certo punto ho sentito affievolirsi la spinta che prima sentivo dentro. Io, abituata a cercare mille stimoli, ho sentito poi di non appartenere a nessuno di essi. La logica vorrebbe che una situazione del genere mi portasse ad essere ancora più bombardata da domande, invece è prevalso il tentativo di soffocare tutti i miei interrogativi nella speranza che una quotidianità più lineare potesse non dare disturbo. In teoria, così doveva essere più comodo. Nella pratica, però, da incontri, weekend e servizio in ambito missionario non mi sono mai completamente staccata, anzi ogni volta che mi riavvicino anche solo leggermente, il mio debole tentativo di ignorare i miei punti di domanda crolla miseramente.

Lo stesso è accaduto al Missio Meeting di quest’anno.

Ti ritrovi ad ascoltare persone con un coraggio incredibile, ma che in partenza non avevano nulla più di te. Hanno solo creduto ciecamente in un ideale, in un valore, in un qualcosa di giusto a cui sentivano di dover dedicare la vita. Come faccio io a non chiedermi “in cosa credo io?”. E non parlo di tutti quei bellissimi ideali che tutti noi lì presenti sicuramente condividevamo, mi riferisco a una cosa che grida così forte dentro di me da non poterla ignorare. Qual è questo grido? Io lo voglio scoprire. Perché poi, che dedicare la vita al proprio grido non sia facile, è chiaro. È una scelta molto controcorrente. È difficile, vai contro la famiglia, ti privi di tante comodità magari e bla bla bla: ci sono mille motivazioni dietro cui nascondersi, che, per quanto sensate e comprensibili, rimangono pur sempre scuse. E mentre vivi la tua bella vita confortevole e organizzata fino all’ultima virgola, non ti curi che siano delle scuse, perché sembrano lecite e avercele fa comodo. Quando però ti trovi di fronte a persone che di quelle scuse se ne son fatte un baffo, allora o sei sordo, o non puoi che lasciarti provocare dal loro coraggio, dalla loro coerenza. Se credi in qualcosa, non ci sono scuse che reggano.

Ecco che il mio pacifico equilibrio si rivela ancora una volta precario, stordito da tutte le domande assopite che vengono risvegliate da John, da Suor Gabriella e da Nicolò ed Elisa.

“Sono ancora giovane per pensarci” non regge più, basta ascoltare la storia di Nicolò. Tante, tante domande frullano nella mia testa. Domande e provocazioni, mi porto a casa questo. Un’inquietudine che voglio impegnarmi a rendere sana, perché mi stimoli a non sotterrare le mie domande ancora una volta, ma ad affrontarle. Alla fine ciò che mi spinge è molto semplice: i sorrisi puri di chi sta vivendo la sua vita senza risparmiarsi minimamente, la felicità vera.

Gloria