Giovani e missione in «Christus Vivit»

Le parole dei vescovi della Corea sul coraggio missionario dei giovani, la denuncia delle colonizzazioni culturali, l’esempio dei santi giovani del Vietnam, del Congo e dei Pellerossa, l’immagine della Chiesa come una canoa suggerita da un giovane di Samoa: c’è anche l’eco di tante voci dalla missione nell’esortazione apostolica diffusa dal Papa a conclusione del Sinodo dei giovani

È una lunga lettera ai giovani di tutto il mondo che affronta tanti temi l’esortazione apostolica di papa Francesco «Christus Vivit», diffusa a conclusione del Sinodo dei giovani. Il testo integrale – diffuso oggi – si può leggere integralmente a questo link o in questa sintesi generale dei contenuti diffusa dalla Sala Stampa vaticana. Noi qui vogliamo invece concentrarci sul tema a noi più vicino: come questo nuovo documento del magistero sui giovani parla del loro rapporto con la missione e dell’educazione a uno sguardo capace di abbracciare tutto il mondo nell’annuncio del Vangelo di Gesù? Dal testo del Papa abbiamo seleziobnato alcuni passaggi chiave in questo senso (indicando tra parentesi il numero del paragrafo da cui sono tratti)

Illuminati dalla giovinezza di Gesù

«Gesù non illumina voi, giovani, da lontano o dall’esterno, ma partendo dalla sua stessa giovinezza, che egli condivide con voi. È molto importante contemplare il Gesù giovane che ci mostrano i Vangeli, perché Egli è stato veramente uno di voi, e in Lui si possono riconoscere molti aspetti tipici dei cuori giovani. Lo vediamo, ad esempio, nelle seguenti caratteristiche: “Gesù ha avuto una incondizionata fiducia nel Padre, ha curato l’amicizia con i suoi discepoli, e persino nei momenti di crisi vi è rimasto fedele. Ha manifestato una profonda compassione nei confronti dei più deboli, specialmente i poveri, gli ammalati, i peccatori e gli esclusi. Ha avuto il coraggio di affrontare le autorità religiose e politiche del suo tempo; ha fatto l’esperienza di sentirsi incompreso e scartato; ha provato la paura della sofferenza e conosciuto la fragilità della Passione; ha rivolto il proprio sguardo verso il futuro affidandosi alle mani sicure del Padre e alla forza dello Spirito. In Gesù tutti i giovani possono ritrovarsi”» (31)

 I santi giovani di Asia, Africa e America

«Il beato Andrew Phû Yên era un giovane vietnamita del XVII secolo. Era catechista e aiutava i missionari. Venne fatto prigioniero per la sua fede e, poiché non volle rinunciarvi, fu ucciso. Morì dicendo: “Gesù”.
Nello stesso secolo, Santa Kateri Tekakwitha, una giovane laica nativa del Nord America, fu perseguitata per la fede e nella sua fuga percorse a piedi più di trecento chilometri attraverso fitte foreste. Si consacrò a Dio e morì dicendo: “Gesù, ti amo!”.
Il beato Ceferino Namuncurá era un giovane argentino, figlio di un importante capo delle popolazioni indigene. Divenne un seminarista salesiano, col forte desiderio di ritornare alla sua tribù per portare Gesù Cristo. Morì nel 1905.
Il beato Isidoro Bakanja era un laico del Congo che dava testimonianza della sua fede. Fu torturato a lungo per aver proposto il cristianesimo ad altri giovani. Morì perdonando il suo carnefice nel 1909» (54-59)

 Giovani di un mondo in crisi

«Molti giovani sono ideologizzati, strumentalizzati e usati come carne da macello o come forza d’urto per distruggere, intimidire o ridicolizzare altri. E la cosa peggiore è che molti si trasformano in soggetti individualisti, nemici e diffidenti verso tutti, e diventano così facile preda di proposte disumanizzanti e dei piani distruttivi elaborati da gruppi politici o poteri economici. (…)
Non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte a questi drammi dei suoi figli giovani. Non dobbiamo mai farci l’abitudine, perché chi non sa piangere non è madre. Noi vogliamo piangere perché anche la società sia più madre, perché invece di uccidere impari a partorire, perché sia promessa di vita» (73-75)

 La colonizzazione ideologica

«È vero che i potenti forniscono alcuni aiuti, ma spesso ad un costo elevato. In molti Paesi poveri, l’aiuto economico di alcuni Paesi più ricchi o di alcuni organismi internazionali è solitamente vincolato all’accettazione di proposte occidentali in materia di sessualità, matrimonio, vita o giustizia sociale. Questa colonizzazione ideologica danneggia in modo particolare i giovani. Nello stesso tempo, vediamo come una certa pubblicità insegna alle persone ad essere sempre insoddisfatte e contribuisce alla cultura dello scarto, in cui i giovani stessi finiscono per diventare un materiale “usa e getta”» (78)

 Giovani e migranti

«”Grazie alla diversa provenienza dei Padri, rispetto al tema dei migranti il Sinodo ha visto l’incontro di molte prospettive, in particolare tra Paesi di partenza e Paesi di arrivo. Inoltre è risuonato il grido di allarme di quelle Chiese i cui membri sono costretti a scappare dalla guerra e dalla persecuzione e che vedono in queste migrazioni forzate una minaccia per la loro stessa esistenza. Proprio il fatto di includere al suo interno tutte queste diverse prospettive mette la Chiesa in condizione di esercitare un ruolo profetico nei confronti della società sul tema delle migrazioni”. Chiedo in particolare ai giovani di non cadere nelle reti di coloro che vogliono metterli contro altri giovani che arrivano nei loro Paesi, descrivendoli come soggetti pericolosi e come se non avessero la stessa inalienabile dignità di ogni essere umano» (94)

Il contatto diretto con i poveri

«L’impegno sociale e il contatto diretto con i poveri restano un’occasione fondamentale di scoperta o approfondimento della fede e di discernimento della propria vocazione» (171)

 Missionari coraggiosi

«Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci invia a tutti. Il Vangelo è per tutti e non per alcuni. Non è solo per quelli che ci sembrano più vicini, più ricettivi, più accoglienti. È per tutti. Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore.  E ci invita ad andare senza paura con l’annuncio missionario, dovunque ci troviamo e con chiunque siamo, nel quartiere, nello studio, nello sport, quando usciamo con gli amici, facendo volontariato o al lavoro, è sempre bene e opportuno condividere la gioia del Vangelo. Questo è il modo in cui il Signore si avvicina a tutti. E vuole voi, giovani, come suoi strumenti per irradiare luce e speranza, perché vuole contare sul vostro coraggio, sulla vostra freschezza e sul vostro entusiasmo.
Non ci si può aspettare che la missione sia facile e comoda. Alcuni giovani hanno dato la vita pur di non frenare il loro impulso missionario. I Vescovi della Corea si sono espressi così: “Speriamo di poter essere chicchi di grano e strumenti per la salvezza dell’umanità, seguendo l’esempio dei martiri. Anche se la nostra fede è piccola come un granello di senape, Dio la farà crescere e la utilizzerà come strumento per la sua opera di salvezza”.  Amici, non aspettate fino a domani per collaborare alla trasformazione del mondo con la vostra energia, la vostra audacia e la vostra creatività. La vostra vita non è un “nel frattempo”. Voi siete l’adesso di Dio, che vi vuole fecondi. Perché “è dando che si riceve” e il modo migliore di preparare un buon futuro è vivere bene il presente con dedizione e generosità» (177-178)

 No alla distruzione delle culture

«Voglio sottolineare che “molti Padri sinodali provenienti da contesti non occidentali segnalano come nei loro Paesi la globalizzazione rechi con sé autentiche forme di colonizzazione culturale, che sradicano i giovani dalle appartenenze culturali e religiose da cui provengono. È necessario un impegno della Chiesa per accompagnarli in questo passaggio senza che smarriscano i tratti più preziosi della propria identità”. Oggi assistiamo a una tendenza ad “omogeneizzare” i giovani, a dissolvere le differenze proprie del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in serie. Così si produce una distruzione culturale, che è tanto grave quanto l’estinzione delle specie animali e vegetali. Per questo, in un messaggio ai giovani indigeni riuniti a Panama, li ho esortati a «farsi carico delle radici, perché dalle radici viene la forza che vi farà crescere, fiorire e fruttificare» (185-186).

 La Chiesa come una canoa

«Nel Sinodo uno degli uditori, un giovane delle Isole Samoa, ha detto che la Chiesa è una canoa, in cui gli anziani aiutano a mantenere la rotta interpretando la posizione delle stelle e i giovani remano con forza immaginando ciò che li attende più in là. Non lasciamoci portare fuori strada né dai giovani che pensano che gli adulti siano un passato che non conta più, che è già superato, né dagli adulti che credono di sapere sempre come dovrebbero comportarsi i giovani. Piuttosto, saliamo tutti sulla stessa canoa e insieme cerchiamo un mondo migliore, sotto l’impulso sempre nuovo dello Spirito Santo» (201)

 Sempre missionari

«Voglio ricordare che non è necessario fare un lungo percorso perché i giovani diventino missionari. Anche i più deboli, limitati e feriti possono esserlo a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità. Un giovane che va in pellegrinaggio per chiedere aiuto alla Madonna e invita un amico o un compagno ad accompagnarlo, con questo semplice gesto sta compiendo una preziosa azione missionaria. Insieme alla pastorale giovanile popolare è presente, inseparabilmente, una missione popolare, incontrollabile, che rompe tutti gli schemi ecclesiastici. Accompagniamola, incoraggiamola, ma non pretendiamo di regolarla troppo» (239)

 Giovani che corrono

«Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci» (299)

Tratto da Mondo e Missione  – 02 aprile 2019