Festival della missione: vivere per dono dà senso alla nostra vita

Dal 30 settembre al 2 ottobre un piccolo gruppo, composto da amici dell’equipe dell’Ufficio Missionario e con don Raffaele Coccato, abbiamo partecipato al Festival della Missione, svoltosi a Milano. L’immagine biblica che mi ha accompagnato la ritrovo nell’icona di Abramo alle Querce di Mamre, in particolare al versetto: “Non passare oltre senza fermarti” (Gen. 18,3). Arrivati a Milano, siamo stati accolti e ospitati con gratuità, nel nostro camminare differenziato per età e per abitudini, abbiamo contemplato l’attesa, l’attenzione all’altro, abbiamo vissuto incontri nell’ascolto della reciprocità, nella sovrabbondanza umana che da sempre è simbolo dell’ospitalità.

Molti i relatori che hanno allargato la tenda della fraternità della città di Milano con ogni partecipante (si parla di circa 30 mila persone) e passante, riempendo di significato l’incontro con Dio portando messaggi di vita autentica, attraversando quella umanità che il nostro oggi ha bisogno. La vita e l’attività di molti missionari/e laici e consacrati, coinvolge tematiche ambientali, sociali, politiche ed economiche dei popoli con i quali il Signore ha donato di camminare insieme, sinodalmente potremo dire. Sono state voci che hanno fatto eco tra loro, se pur provenienti da confini geografici diversi, culture e vicissitudini toccati nella propria esistenza che hanno creato comunione nella ricerca del bene, della giustizia, della pace.

«Vivere per dono» dunque non è uno slogan da dire ma desiderio di relazione di vitalità, per dare senso alla nostra vita. Dall’immagine del gomitolo, scelta come logo del Festival, nasce la parola missione: intrecciarsi creando dei legami indissolubili, dove tutto è interconnesso nella consapevolezza del coraggio della cura dell’altro, in ogni suo volto e sua voce. Nel simbolo di una bustina di semi “di missione” che ogni partecipante ha ricevuto, nasce la speranza. Svolgendosi le giornate nelle settimane del Tempo del Creato, al rientro siamo stati chiamati a piantare le sementi ricevute: la pazienza e la cura di chi “mette un seme” e con impegno lo coltiva e attende che germogli e cresca, a volte senza riuscire a vederne nell’immediato i frutti, parla dello stile dei missionari in ogni tempo e luogo. Infine, accompagnati dalla parola Festival, siamo ritornati con la gioia di convivialità tra noi, degli re-incontri con missionari/e che hanno condiviso la loro passione missionaria nella nostra diocesi, di aver vissuto un grande respiro missionario dove la missione ad gentes si è intrecciata con la missione in città, perché tutto è segno di Dio, nella storia, nella trasparenza di ogni verità, nel deposito di ogni realtà, dove Dio vi abita, perché lì, vi cammina l’umano.

Roberta Venturini


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