Esiste ancora la schiavitù?

Il 2 dicembre scorso si è celebrata la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1949 per ricordare l’approvazione della Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui. La schiavitù non è solo una questione relegata al passato, ma una realtà tristemente attuale.
Lo scopo della giornata è sradicare tutte le forme di schiavitù moderna che includono molte pratiche come lavoro forzato, lavoro minorile, reclutamento forzato di bambini nei conflitti armati, servitù per debiti, matrimonio forzato e ogni tipo di tratta di esseri umani.

Il referendum sulla schiavitù penitenziaria
Poco più di un mese fa in Louisiana si è tenuto un referendum per abolire il lavoro forzato per i carcerati, che altro non è che una forma di schiavitù.
Se è vero che la schiavitù è stata abolita negli Stati Uniti nel 1865, è vero anche che il Tredicesimo emendamento prevede un’eccezione: la schiavitù può essere utilizzata come punizione per un crimine commesso. E in questo senso la pratica è ancora molto diffusa. Come riporta Il Post, 2 carcerati su 3 lavorano in condizioni di schiavitù, gratis o in cambio di pochi centesimi l’ora, senza alcun tipo di diritto o accesso a tutele sindacali. I prigionieri che si rifiutano di lavorare possono
vedersi negare telefonate o visite e possono essere posti in isolamento. Il loro impiego, inoltre, permette di risparmiare 9 miliardi l’anno alle stesse prigioni, dove i carcerati sono usati per la manutenzione degli edifici e per ogni altro mestiere interno.
Il risultato del referendum? Il 60% degli elettori della Louisiana ha votato per mantenere la schiavitù penitenziaria.
Non entriamo in merito alla notizia. Per correttezza di informazione diremo solo che la Louisiana è l’unico Stato su 5 in cui si è votato contro l’abolizione della schiavitù. Il fatto ci permette però di rilevare quanto quello della schiavitù sia un argomento ancora attuale, al di là del pensiero comune.

Qualche dato sulla schiavitù moderna 
Quando si parla di schiavitù oggi si intende: lavoro forzato, lavoro minorile, reclutamento forzato di bambini nei conflitti armati, sfruttamento sessuale forzato, servitù per debiti, matrimonio forzato e ogni tipo di tratta di esseri umani. Come sempre partiamo da qualche dato e per farlo vediamo il rapporto Global estimates of modern slavery: Forced labour and forced marriage (Stime globali della schiavitù moderna: Lavoro forzato e matrimonio forzato) di Organizzazione internazionale del lavoro, Walk Free e Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Nel 2021 erano 50 milioni le persone in schiavitù moderna, di cui 28 milioni costrette al lavoro forzato, mentre 22 milioni obbligate al matrimonio contro la propria volontà. Il numero ha visto un aumento significativo negli ultimi cinque anni: nel 2021 infatti le persone in schiavitù moderna erano 10 milioni in più rispetto a quelle del 2016. Di questi donne e bambini sono maggiormente vulnerabili. Altro elemento che emerge dal rapporto: la schiavitù moderna è presente in quasi tutti i paesi del mondo e non conosce frontiere etniche, culturali o religiose. Il 52% del lavoro forzato e un quarto di tutti i matrimoni forzati si concentrano nei paesi a reddito medio-alto o alto.

Sfruttamento sessuale, lavoro forzato, matrimoni combinati 
L’86% dei casi di lavoro forzato si registra nel settore privato, il 23% del totale è rappresentato dallo sfruttamento sessuale commerciale. Quasi quattro su cinque delle persone vittime di sfruttamento sessuale ai fini commerciali sono donne o ragazze. Quasi uno su otto di tutti i lavoratori forzati sono bambini.
Tra le categorie più vulnerabili c’è anche quella dei migranti, che avrebbero una probabilità più che tripla di essere sottoposti a lavoro forzato rispetto ai lavoratori adulti non migranti. Secondo il rapporto, la soluzione a questo aspetto dipende in particolare da politiche nazionali e quadri normativi a favore dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutti i migranti.
Altra schiavitù è quella del matrimonio forzato, strettamente legato a consuetudini e pratiche consolidate nel tempo. L’85% dei matrimoni forzati avviene a causa di pressioni familiari, il 65% si verifichino in Asia e nel Pacifico, ma se si considerano le dimensioni della popolazione, la prevalenza delle persone costrette a sposarsi è più alta negli Stati Arabi.

La tratta degli esseri umani ci umilia
Sono innumerevoli nel mondo le storie di ragazze, donne, uomini, bambine e bambini che una volta riscattati dallo sfruttamento ricadono nelle trame dei trafficanti; accade per mancanza di una reale alternativa e per ferite interiori così profonde da rendere difficile il loro reinserimento sociale” – afferma suor Gabriella Bottani, missionaria comboniana e coordinatrice internazionale della Rete mondiale della Vita consacrata contro la tratta Talitha Kum. “Per questo l’impegno contro la tratta deve affrontare le cause e sciogliere le pesanti catene nascoste dentro le persone, in tutte le persone, anche in noi: sono le catene che deturpano le relazioni sociali e interpersonali. Negli anni hanno permesso e giustificato la “normalizzazione” della miseria, delle disuguaglianze sociali, dello sfruttamento, degli abusi di potere degli uomini sulle donne, dei ricchi sui poveri, di chi è adulto verso i minori d’età. Le disuguaglianze nel contesto del mercato neoliberista hanno ridotto le persone a corpi da usare e sfruttare a fine di lucro”.
Dice suor Valeria Gandini: “Per capire che cosa significhi tratta degli esseri umani, bisogna incontrare le vittime, ascoltarle, guardarle negli occhi, abbracciarle. Parlare con la donna che ha subito violenza, che si trova priva della sua libertà, che è continuamente sorvegliata dai suoi padroni, violentata, minacciata, comprata e venduta, e obbligata al silenzio… e condividere con lei i sentimenti, le emozioni, le paure, è qualcosa di indescrivibile… è toccare con mano il fenomeno della tratta”. E continua: “Una cosa mi ha sempre sorpresa in queste sorelle, pur nella loro situazione di sofferenza e di confusione portano sempre dentro di loro il desiderio di vivere, la capacità di generare, di proteggere e far crescere la vita in situazioni di non vita. La tenacia nella lotta e la speranza inamovibile per un futuro migliore, e il sacrificare se stesse fino a morire pur di risparmiare i loro cari”.
La tratta degli esseri umani ci umilia. Ferisce la dignità di tutte le persone, sfigura il volto umano di bambini, uomini e donne vittime, e lacera vite e storie di vita individuale e famigliare”.

A cura di Elena Cogo