Covid-19 in Kenya: un rinnovo di fiducia e di impegno

Ospedale di North Kinangop, 13 settembre 2020

Carissimi amici con i quali condividiamo la responsabilità del servizio, medicale e non, qui al North Kinangop Catholic Hospital, noi abbiamo la certezza che, come tutte le sfide che incontriamo sul nostro cammino, anche questa del Covid-19 è una grazia e opportunità che impone un rinnovo di fede e di impegno. Speriamo anche di solidarietà.

La situazione Covid in Kenya: siamo anche noi coinvolti nella tempesta sanitaria, sociale ed economica portata dal Covid a partire dallo scorso Marzo. I numeri parlano di circa 32.000 positivi e 450 morti dall’inizio fino ad oggi; le aree più colpite sono state fin dall’inizio le città (Mombasa, Nairobi, Kisumu), le vie camionali nazionali e le zone di confine; poi il cerchio si è allargato a quelle circostanti ed ha raggiunto anche noi. Le autorità hanno chiuso le scuole (a tutti i livelli), hanno anche chiuso alcune città e poi locali pubblici, ambienti di lavoro, uffici pubblici, raduni politici e sociali; si è aggiunto il coprifuoco notturno, l’uso delle maschere e del distanziamento.

La disposizione iniziale toccava anche gli ospedali che potevano trattare solo i casi di emergenza e per alcuni (anche noi) c’era il comando di creare un centro di isolamento e cura Covid secondo le linee guida del Ministero, ma senza alcun sostegno pubblico (oppure sostegno limitato ai mezzi di prevenzione per parte del personale). Nel mese di agosto le misure sono state rilassate e ancor più nel mese di settembre con l’affermazione che la curva di infezione si va appianando.

Un fatto certo è che, contemporaneamente, i tamponi già scarsi sono ancora più scarsi e mi sembra logico pensare che di conseguenza non è possibile avere una statistica credibile. Una impressione fondata è che molti casi sono asintomatici e quelli che mostrano sintomi presentano un livello basso, quasi da influenza. Dipende dal virus o dal tipo di immunità della nostra gente? Non so cosa dire.

Comunque sembra dai giornali che il debito contratto per questa malattia sia notevole e che i soldi siano rimasti pochi; anche l’interesse dei politici si è spostato ad altri lidi.

La situazione in ospedale: è riconosciuto come centro di isolamento e trattamento della County (a spese del paziente) che ha donato circa 4.000 Euro di maschere, guanti e protezioni per il personale (circa  un decimo del fabbisogno). La CEI italiana ha pure donato circa 25.000 euro per lo stesso motivo. Il giornale locale ha riportato anche di una donazione di letti per la terapia intensiva, mai ricevuti da noi (potenza della politica che crea dal nulla); invece abbiamo ricevuto da donatori italiani un contributo all’acquisto di due ventilatori polmonari (anche il CMD di Padova ha contribuito).

Sin dall’inizio abbiamo preparato un reparto di Medicina per l’isolamento, ridistribuendo gli altri reparti e utilizzando anche il nuovo di Pediatria. Abbiamo provveduto ai «filtri» di ammissione dei pazienti e dei parenti / visitatori, alla formazione del personale e alla sua sicurezza con maschere, guanti e protocolli; infatti il personale è stato il nostro impegno prioritario. Il tutto secondo le linee guida ministeriali e con la guida di un comitato ospedaliero. Nel contempo abbiamo continuato l’attività ospedaliera negli altri reparti perché ci sembrava illogico ignorare la Maternità e la Neonatologia e perché la «chiusura» dell’ospedale nelle sue attività normali avrebbe significato non sostenibilità economica, licenziamenti ed effetti disastrosi.

Fino ad oggi abbiamo ammesso due positivi confermati e una cinquantina di sospetti risultati negativi. Uno dei positivi con altri problemi sanitari è deceduto. L’attuale protocollo ministeriale raccomanda dove e quando è possibile l’isolamento a casa e anche le cure domestiche (dove sono possibili); la motivazione è forse nel decorso asintomatico e/o con sintomi non gravi.

Nella County (600.000 abitanti) le statistiche ufficiali parlano di una quarantina di pazienti positivi con due morti e 3.000 tamponi; i centri di isolamento sono quasi vuoti e permane l’uso obbligatorio della maschera e del distanziamento e igiene delle mani.

Le conseguenze del Covid si sono viste nell’economia: licenziamenti (anche da parte di alcuni ospedali rinomati) che toccano più le attività private e quelle di chiesa che non fruiscono di aiuti pubblici, l’aumento dei prezzi e inflazione (trasporti, cibo) e in genere della liquidità. Il livello di povertà si è alzato; nel nostro piccolo con la comunità ospedaliera abbiamo creato un fondo di solidarietà e qualche attività di cibo/paga in cambio di lavoro.

Anche il nostro ospedale è stato molto coinvolto nel ridotto numero dei pazienti («paura» del Covid, costo del trasporto, non pagamento dell’Assicurazione sanitaria nazionale, riduzione delle cure specialistiche con il blocco del volontariato). […]

La conseguenza del calo di attività ospedaliera e dell’aumento in Maternità e NBU (che sono incluse nel progetto governativo chiamato «Linda mama» o Maternità a costo zero che rimborsa solo parzialmente le spese ospedaliere) ha ridotto la sostenibilità dell’ospedale. Abbiamo dovuto ricorrere a revisione del budget annuale verso il basso limitando le spese e con il blocco dei progetti non ancora finanziati da donatori (costruzioni, macchinari) per portare a termine quelli che hanno un fondo ancora accessibile. Così portiamo avanti la nuova Pediatria ormai in dirittura di arrivo, ma non iniziamo la ristrutturazione di quella esistente; procediamo con la sistemazione dell’inceneritore e dell’ampliamento delle Terapia intensiva, procediamo naturalmente con le attività di manutenzione ordinaria. […]

Abbiamo dovuto ritoccare il listino dei costi per i servizi con modici aumenti e stiamo conducendo una campagna con forti pressioni sull’assicurazione sanitaria nazionale per poter recuperare i crediti di lunga data (anche due anni) e l’ingiustizia di rimborsi inadeguati. Anche questo fa parte del nostro servizio missionario per assicurare ai pazienti continuità e qualità.

Insomma la linea guida è: avanti, con prudenza e mettendo le persone come priorità.

Un grande abbraccio e augurio a tutti voi

Don Sandro, Personale dell’Ospedale, Sisters, Comunità