Casa canonica, luogo della fraternità

“La casa canonica è diventata luogo della fraternità”. Ce lo racconta il parroco di una parrocchia che da alcuni anni accoglie preti studenti di diverse parti del mondo.


L’ospitalità è un valore che i miei genitori e i miei fratelli mi hanno trasmesso fin da quando ho avuto l’uso della ragione.

Sono il più giovane di quattro fratelli, oggi compio 50 anni, sono nato a nove anni di distanza dalla penultima figlia e 13 dal primo figlio.

Ho sempre visto i miei genitori uscire di casa e lasciare la porta aperta, non solo quando dovevano percorrere qualche decina di metri ma anche quando uscivano per fare la spesa;

tanto c’erano i vicini che grazie a Dio “non si facevano solo gli affari loro”, ma avevano sempre uno sguardo attento anche per i confinanti.

Noi ragazzini vivevamo circondati da occhi affettuosi che ci facevano crescere e sentire protetti anche quando in nostri genitori non erano presenti.

Il “mio” e il “tuo” erano un concetto molto elastico. Il “Mio” rimaneva mio fino a quando una necessità non colpiva la famiglia accanto ed ecco che il “molto di personale” diventava anche dell’altro.

A tavola c’era sempre spazio anche per l’ospite imprevisto specialmente se era uno sconosciuto che capitava a ora di pranzo.

Molti altri episodi del genere mi hanno formato nel carattere e stanno dando uno stile alla mia vita.

Quando ho iniziato il mio ministero nella parrocchia di Sacro Cuore di Gesù in Padova, mi sono ritrovato a vivere solo in una grande canonica.

Il vescovo Antonio  e il vicario Generale don Paolo D. in collaborazione con il centro Missionario Diocesano, nella persona del suo direttore Borgo don Gaetano, mi chiesero di ospitare prima padre Simplice K. e dopo don Marlon R., confratelli provenienti dal Atakpame – Togo e Osorio – Brasile preti inviati dalle loro diocesi a Padova per continuare gli studi in sacra liturgia all’istituto di Santa Giustina.

L’idea di condividere un tratto di strada insieme a questi due confratelli provenienti dall’altra parte del mondo ha trovato immediatamente spazio nella mia storia e nella storia della comunità cristiana del Sacro Cuore.

La loro presenza si è rivelata immediatamente una ricchezza. Consapevoli del loro primo impegno di vita, lo studio, in altri tempi, secondo le loro caratteristiche si sono  inseriti, dopo aver preso dimestichezza con la lingua italiana, nella celebrazione della liturgia feriale e festiva, rendendosi disponibili per amministrare il sacramento della penitenza e per altri incontri spontanei o organizzati in comunità.

Ben presto la casa canonica è diventata il luogo della fraternità caratterizzata da relazioni spontanee.

Ogni giorno pregando insieme alle 7.10 con l’ufficio delle letture e le lodi mattutine abbiamo coinvolto anche qualche persona della comunità parrocchiale; le colazioni il pranzo e la cena, punti fissi di incontro ci permettono di condividere ben più del cibo ma anche progetti pastorali.

Così nella spontaneità  e nella confidenza fraterna viviamo un continuo travaso di esperienze e le competenze acquisite da don Marlon e don Simplice nello studio, le loro tradizioni diventano motivo per vedere e rivedere anche i nostri momenti celebrativi, rendendoli sempre più carichi di vita e sempre più capaci di incrociare la nostra e la vita della comunità.

Mi piace sentire come vengono apprezzati nel loro modo di relazionarsi con i singoli e con i gruppi.

La loro presenza ha aperto porte  nuove, orizzonti nuovi per grandi e piccini. Abbiamo vissuto l’opportunità di ospitare alcuni loro connazionali e di condividere anche con loro momenti di amicizia e accoglienza reciproca. Non resta indifferente la comunità quando si aprono le porte della celebrazione e della mensa a persone che si sanno raccontare e raccontare nella verità.

Il gruppo adultissimi dopo aver ascoltato la presentazione del Brasile da  parte di don Marlon parlavano dello stato Brasiliano come se ci fossero sempre stati, con la luce negli occhi, quella luce che c’è in chi ha scoperto e apprezzato una perla preziosa.

La famigliarità cresciuta in un clima di preghiera e di confronto, nella condivisione della quotidianità e nel rispetto reciproco del proprio mandato e dei propri e altrui impegni ha permesso alla comunità di crescere nell’accoglienza.

Diventa per me spontaneo, consapevole anche di alcune fatiche che entrambi abbiamo vissuto, ringraziare il Signore per il dono che sono stati e sono questi fratelli sacerdoti e auguro a molte comunità e a molti confratelli padovani di saper aprire con disponibilità la loro canonica e la loro vita alla realtà missionaria come fonte di ricchezza per tutti.

Daniele Marangon
Parrocchia del Sacro Cuore in Padova

La comunità del Sacro Cuore ha partecipato alla discussione della tesi di Licenza di don Simplice